Nella dipendenza affettiva si concentrano dei sentimenti di paura, insicurezza, stress e ansia. In tanti casi, questi sentimenti sono correlato a scarsa autostima e paura costante di essere abbandonati o lasciati dal partner.
Da un punto di vista comportamentale, una persona che dipende affettivamente da un’altra, oltre a manifestare segni di stress e ansia, ha problemi a prendere decisioni importanti. Tende a non prendere decisioni per il proprio bene che non siano legate al partner. A fare dell’autocritica costante un tratto caratterizzante.
Le manifestazioni emotive della dipendenza affettiva
Da un punto di vista emotivo, la relazione può rivelare degli aspetti tossici:
- La costante ricerca dell’attenzione e dell’approvazione altrui.
- Un eccesso di autocritica, usata come scudo per svalutare sé stessi e non assumersi responsabilità.
- Il non riuscire a costruire una propria sfera personale di interessi, ben delimitata, che vada al di là del rapporto con il / la partner.
- Accettare una forma di sudditanza nei confronti del partner, fino a non prendere decisioni che potrebbero in qualche modo irritarlo / a.
- Essere passivi e non prendere decisioni per paura di ricevere un NO, temendo di mettere in pericolo la relazione.
- Vedersi sempre in cattiva luce, passando dall’autocritica a un’eccessiva modestia che può essere percepita come falsa.
- Senso di abbandono che comporta la necessità di sentirsi sempre, non perdere contatto con la persona dalla quale si “dipende”.
- Rabbia, agitazione, tendenza ad accusare il / la partner di non provare gli stessi sentimenti affettivi (mancanza di reciprocità).
- Eccessiva gelosia e attenzione, invidia, necessità di controllo, comportamenti manipolatori.
Affrontare le paure dovute alla dipendenza affettiva
Queste paure e questi comportamenti hanno un’origine che varia da individuo a individuo. Nella mia esperienza di psicologo incontro casi simili. Per quanto sia impossibile identificare delle cause certe per la dipendenza affettiva, nella mia esperienza ho notato:
- Correlazioni con la famiglia d’origine.
- Esperienze negative nelle relazioni affettive precedenti.
- Tendenza ad avere una bassa autostima, anche come forma di autodifesa per colmare un generale senso di inadeguatezza (scarsa considerazione di sé rinforzata da un eccesso di sarcasmo, autoironia, falsa modestia). Questo modo di pensare si innesta nella routine quotidiana, per cui – oltre a diventare un meccanismo difensivo – diventa anche un tratto caratterizzante. L’auto-svalutazione induce gli altri a pensare che la mancanza di fiducia in sé stessi corrisponda, in effetti, a una mancanza di risultati nella vita.
- Sentirsi inferiori rispetto a un partner che viene percepito di maggior successo, non alla portata.
- Sindrome dell’impostore legata a come ci si vede, se ci si sente o meno realizzati.
- Sentirsi non corrisposti (“non mi ami come ti amo io”) e all’interno di una relazione sbilanciata, sul piano dei sentimenti e quindi all’interno di una situazione “ingiusta”, a cui si può porre rimedio accentuando la sottomissione.
Senso di abbandono e insicurezza
Il senso di abbandono e l’insicurezza sono comunque dei tratti in comune.
Il senso di abbandono è proprio legato al timore di essere lasciati, che il partner – in qualche modo – si accorga della sua inadeguatezza e che prenda quella che sembrerebbe una decisione ovvia, cioè lasciarlo.
Tuttavia, anziché rispondere con quello che definirei il più classico dei sussulti di dignità, il partner dipendente decide di sottomettersi ancora di più, accentuando la propria debolezza e gettando le basi per l’inevitabile.
Questo senso di abbandono, paura di essere lasciati, è quindi incombente. C’è sempre e non fa altro che generare ansia, stress e decisioni sbagliate.
L’insicurezza che ne deriva viene anche accentuata da una capacità decisionale poco fluida, poco lucida, nella quale si alternano fatti del tutto normali a previsioni, paure, fantasie mentali che non appartengono in alcun modo alla realtà.
La paura di essere lasciati può provocare una profezia autoavverante. La relazione può diventare sbilanciata. La tossicità può crescere fino a livelli insostenibili.
Come superare la dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva può trasformare una relazione in una prigione.
L’insicurezza e la sensazione di essere abbandonati poggiano prevalentemente sulla scarsa autostima.
Non solo: c’è spesso una visione negativa di sé non solo per quel riguarda il presente e il passato (che potrebbero essere contrassegnati da esperienze negative), ma anche e soprattutto per quanto concerne il futuro.
Le esperienze negative inducono a pensare che nel futuro andrà allo stesso modo o addirittura peggio, per cui non c’è alcun motivo per fare uno sforzo in direzione di un miglioramento.
Quindi, più che un problema complessivo di autostima, di frequente è un problema derivante dall’aver appreso e accettato una condizione di inferiorità per troppo a lungo, di essersi abituati a questo pensiero.
Gli studi legati alla plasticità cerebrale confermano quello che ormai sembra essere un dato di fatto: il cervello non rinforza solo dei gesti e dei comportamenti fattuali, ma anche un modo di pensare, di atteggiarsi, di vedersi.
Tanti di questi comportamenti sono prettamente difensivi, ma non per forza sono “sani”, nel senso che danno dei benefici. Tutt’altro.
Ad esempio, il narcisista potrebbe vedere l’attenzione verso di sé come un sano tentativo di prendersi cura di sé stesso e fregarsene del giudizio altrui. In realtà però sta facendo del male alle persone che gli stanno intorno.
Allo stesso modo, chi soffre di dipendenza affettiva, pensa di far bene al partner riempiendolo di attenzioni, mettendolo al centro della sua vita, di ogni decisione… ma in realtà lo sta soffocando e sta gettando le basi per la rottura. O almeno per una reazione veemente che avrà delle ripercussioni sulla vita affettiva.
Allora, quale può essere la soluzione? Come si può diminuire la dipendenza affettiva da una persona?
Dipendenza affettiva e lo sbilanciamento nella relazione
In ogni relazione c’è uno sbilanciamento, che di regola viene compensato in altri aspetti. Magari, uno dei due può essere più affettuoso, mentre l’altro può compensare con una maggiore attenzione nella gestione della casa o dei figli.
Le coppie stabili e sane arrivano a dei compromessi in modo naturale. Ciascuno occupa il suo spazio, arrivando a intuire per abitudine e per conoscenza reciproca cosa aiuta la coppia e cosa no, entrando in un processo decisionale condiviso. Ma lasciando anche spazio a delle aree di autonomia, che servono a generare interessi, divertimento, amicizie. Tutte cose che entrano nella relazione in modo naturale.
Le coppie di lunga durata, che vanno d’accordo, tendono a influenzarsi a vicenda, pur partendo magari da presupposti diversi. In una coppia sana ci si aiuta, ci si confronta, ci si scambiano esperienze che fanno crescere e migliorare l’altro.
Superare la dipendenza affettiva
Nelle coppie in cui, al contrario, uno dei due si sente inferiore e prova un continuo senso di abbandono, possono sorgere dei problemi. Magari dati dalla paura di essere lasciati e dall’insicurezza che spinge costantemente alla ricerca di conferme. Cosa fare in questo caso?
- Anzitutto, se possibile, cercare l’aiuto psicologico. Non lo dico solo perché è il mio lavoro, ma perché un sostegno professionale è un aiuto che può letteralmente cambiare la vita in meglio.
- Bisogna cercare di disimparare a odiarsi, a prendersi sotto gamba, a non darsi alcuna considerazione. Va quindi abolito quel mondo di autodefinizioni che ci si è costruiti e che, oltre a valere per sé, vale anche per gli altri: ridurre il sarcasmo, l’auto-ironia, l’eccessivo umorismo su sé stessi, la tendenza a giudicarsi negativamente.
- Non dare troppo peso al passato. Se abbiamo vissuto delle esperienze che ci hanno segnato, cerchiamo di lasciarle andare. Il passato ha una sua dignità, una sua importanza. Ma non dovrebbe avere tutto questo potere sul presente.
- Sviluppare nuovi interessi: questo aiuta a dare una nuova dimensione a sé stessi, capire che si è in grado di imparare qualcosa di nuovo, ottenere risultati, avere dei valori positivi che troppo spesso vengono negati in partenza. L’accrescimento di autostima che deriva da queste nuove esperienze, oltre a essere un vero corroborante, tende a diminuire la sensazione di abbandono. Perché il proprio miglioramento non deriva dal giudizio altrui, ma dalla dimostrazione di poter fare qualcosa di buono per sé. I successi nel realizzare o imparare qualcosa di nuovo, possono sostituire i pensieri negativi.
- Avere rispetto per sé stessi. Quindi anche prendersi cura in senso fisico, praticare una dieta sana, non indugiare nel consumo di sostanze che, alla lunga, hanno un effetto depressivo. Non cercare vie di fuga che generano altra dipendenza. Favorire invece l’attività all’aria aperta, conoscere persone nuove.
- Praticare il rispetto e cercarlo, anziché soddisfare un bisogno di attenzione. Se si rispettano le altre persone, se ci si interessa in modo genuino alla loro vita, esse ricambiano – e lo fanno in modo sincero. La validazione dagli altri, e in particolare dal partner, avviene in modo reciproco e spontaneo e non poggia tanto sulle parole dette – che pure sono importanti – ma sulla gestualità e la vicinanza quotidiane.
- Essere onesti con sé stessi, ma mai troppo duri. Il passato è passato, come si dice. Non cercare di punirsi, ma avere un atteggiamento compassionevole, positivo, indulgente.
Se ti riconosci in queste forme di dipendenza affettiva e soffri di ansia, di senso di abbandono, di paura di essere lasciati, puoi richiedere un supporto psicologico. È importante perché aiuta a scegliere un percorso di uscita, che porta dei vistosi miglioramenti non solo in campo affettivo, ma anche nelle relazioni professionali e in genere in tutta la propria capacità decisionale.
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