Ma… di cosa parliamo quando parliamo d’amore?
Questo articolo è un estratto dal mio libro “Tornare a Vivere: Superare la Fine di una Relazione tra Ossessione e Limerenza“
“Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?”, è il titolo di un famoso libro di racconti di Raymond Carver. Titolo, a mio parere, veramente geniale. Penso che questa sia una domanda che, in diverse maniere, tutti ci siamo posti nell’arco della nostra vita: “Ma, in fondo… di cosa parliamo quando parliamo d’amore!?”.
È una domanda vecchia quanto il mondo: già nell’Antica Grecia ci si chiedeva che cosa fosse l’amore. L’amore corrisponde all’amicizia? L’amore è un demone? L’amore è un dio? L’amore è la più grande sofferenza o la più grande felicità?
Anche gli scienziati, in tempi relativamente recenti, si sono posti questa domanda, e hanno dato delle risposte a mio parere molto interessanti. Interessanti perché “non astratte”: basate su studi svolti in laboratorio, su ricerche, su esperimenti.
No, tranquillo, non starò qui a spiegarti i complessi processi neurobiologici che sono alla base dell’amore: voglio solo dartene un assaggio. Come ti dicevo, solo capendo come l’amore realmente funziona, potrai capire come superare la sua fine.
Le tre emozioni primarie dell’amore:
Partiamo da una definizione poco romantica:
“L’amore romantico è l’insieme di attività associate all’acquisizione e al mantenimento delle emozioni necessarie per sopravvivere e riprodursi.”
La già citata Fisher (1997), ha descritto tre categorie di emozioni primarie nell’esperienza di accoppiamento dei mammiferi:
- desiderio
- attrazione
- attaccamento
La fase del desiderio, è dominata dal desiderio di una gratificazione di tipo sessuale. In questa fase, gli ormoni che la fanno da padrona sono quelli tipicamente sessuali: testosterone ed estrogeni.
L’attrazione, seppur strettamente connessa al desiderio, vi si differenzia per il coinvolgimento emotivo causato da processi neurobiologici diversi. Nel caso dell’attrazione infatti, si attiva il cosiddetto “circuito della ricompensa”: lo stesso che si attiva quando si svolgono attività che inducono piacere come il consumo di cibo, il sesso e persino il gioco d’azzardo o l’uso di droghe. Con la produzione di dopamina, norepinefrina, feniletilammina e serotonina, ecco che nasce l’attrazione: la persona da cui siamo attratti, assume un significato speciale, abbiamo pensieri intrusivi, tendiamo a vedere solo i tratti positivi di questa persona, si instaura dipendenza emotiva… e così via.
L’attaccamento rappresenta ciò che alcuni chiamano “amore maturo“. Negli animali, si manifesta con la costruzione del nido, il supporto reciproco nel procacciarsi il cibo, il prendersi cura dei cuccioli. Noi umani, ci comportiamo allo stesso modo. Solo che il nido è fatto di mattoni, ed è parecchio più costoso. In più, negli esseri umani, l’attaccamento è caratterizzato anche da sensazioni di sicurezza, calma, vicinanza emotiva. In questo caso, sono ossitocina e vasopressina a garantire questo “sistema emotivo”; è interessante come ci sia un incremento di questi due ormoni dopo un rapporto sessuale. Questo è probabilmente il motivo per cui i rapporti ci fanno sentire più vicini al partner, anche emotivamente. In termini evoluzionistici, l’attaccamento ha lo scopo di tenere due individui insieme finché non abbiano completato i loro doveri genitoriali. Finché l’uccello non ha lasciato il nido. O finché tuo figlio, a quarant’anni, decide finalmente di andarsene di casa.
Per tutti questi motivi, da un punto di vista chimico, la fine di un amore ti sembra insopportabile: quando viene a mancare l’oggetto verso cui rivolgiamo il nostro amore, si attiva allora il meccanismo di astinenza di cui ti ho parlato prima. Non devi avere paura del dolore che segue ad una rottura: non solo il dolore è normale, ma è anche sintomo di normalità. E anch’esso, se vissuto nella giusta maniera, può portare a delle svolte impreviste e diventare un’occasione di crescita e miglioramento.
In un certo senso, il dolore è come un motore: è da lui che vengono i cambiamenti più importanti delle nostre vite, è da lui che vengono le grandi opere d’arte e le invenzioni che cambiano il mondo. Bisogna solo imparare a non vederlo come un nemico, ma come una possibilità.
A cosa serve un percorso di sostegno psicologico?
Fino ad adesso, ho voluto anticipare alcuni degli argomenti che andremo a trattare approfonditamente nelle pagine di questo libro. Ho voluto farlo parlando dell’amore – e della fine dell’amore – come della fine di una dipendenza.
“Sì, Maurizio, ma perché tutto questo? Cioè, che cosa mi cambia ora che mi rendo conto che l’amore è… una cosa chimica?”.
Questa è una delle domande che forse ti sono venute in mente. E io voglio risponderti con sincerità: se non ti rendi conto del fatto che la sofferenza causata dalla fine di una relazione, è una sofferenza fisiologica, sarà più difficile affrontarla.
Ti struggerai, penserai di non poter andare avanti. Che l’amore della tua vita, ormai, ha preso il volo. E così ogni tua possibilità di essere felice… ma, ti assicuro, non è così.
Il fatto è che, nella nostra cultura, siamo sempre stati abituati a crescere con l’idea dell’unicità, della tragedia, del “grande amore eterno”. Non è detto però che questo “grande amore” debba durare per sempre. Non è neanche detto che non si possa stare bene con una persona, e poi incontrarne un’altra, e stare altrettanto bene. Anzi, ti dirò che è così che funziona nella stragrande maggioranza dei casi.
La fine di un amore, tienilo bene in mente, non è l’Apocalisse, il Giorno del Giudizio Universale, il Ragnarok dei guerrieri vichinghi, sebbene a te possa sembrarlo. La guarigione è un processo naturale.
Quello che puoi fare per facilitare questo processo, è impegnarti attivamente nel percorrere la strada che ti porterà ad ritrovare la serenità. Cominciare un percorso, che ti aiuti in primo luogo a superare questo dolore, e in secondo luogo a cercare di costruire relazioni migliori in futuro. Relazioni migliori, non significa necessariamente relazioni infinite, relazioni eterne, relazioni shakespeariane: significa relazioni più solide e, insieme, relazioni in cui ci sia un sano equilibrio tra te e l’altro, riuscendo a far esprimere all’interno della coppia il pieno potenziale di entrambi. Far sì, in altre parole, che la coppia sia un luogo di crescita, un amplificatore del potenziale di entrambi e non una sordina che attutisce i vostri desideri e bisogni.