- Segnali di un lavoro troppo stressante
- Difficoltà di concentrazione
- Sensazione costante di ansia e irritabilità
- Sbalzi d’umore costanti
- Cervicalgia, mal di testa o mal di stomaco
- Diminuzione della produttività
- Manca la motivazione
- Non c’è soddisfazione dal lavoro
- Cambiamenti nell’appetito
- Si dorme male o poco o troppo a lungo
- Assenteismo e ritardi
- Isolamento e ritiro dalla vita sociale
- Rifugio in attività di fuga e vizi
- Come resistere e non lasciare il posto di lavoro
Negli Stati Uniti dell’era della pandemia, si è assistito a un fenomeno chiamato “great resignation”, cioè la grande dimissione.
La pandemia ha costretto i governi di tutto il mondo ad adottare misure di distanziamento nel posto di lavoro, tra le quali lo smart working.
Ritmi di lavoro meno frenetici, un’atmosfera più tranquilla e rilassata, non dover a che fare con persone che magari mal si sopportano o ancora affrontare un’ora di commuting (trasferimento) verso e dall’ufficio, ha fatto ripensare a tanti lavoratori l’intero ciclo casa-lavoro-casa che domina le nostre vite.
Tanto che qualcuno ha parlato di un’epidemia silenziosa di burnout della quale non ci si era resi conto.
Ora, posto che negli Stati Uniti d’America hanno una legislazione sul lavoro a dir poco sbilanciata a favore del datore, c’è un modo per trovare un’armonia tra lavoro e vita personale?
Ovviamente sì, ma in certi casi la severità dei sintomi da burnout non fa altro che spingere verso le dimissioni o favorire le cause di un licenziamento.
Segnali di un lavoro troppo stressante
Lo stress può essere considerato una sorta di macro-categoria nella quale far rientrare diverse tipologie di disagio nel posto di lavoro.
In generale, per la mia esperienza e per gli studi e le osservazioni effettuati nel corso degli anni, i segnali di un lavoro che stressa sono:
Difficoltà di concentrazione
La difficoltà di concentrazione può essere esacerbata da un approccio multitasking, tipico dei nostri tempi. Non si riesce a completare un task perché se ne aprono tanti altri (i computer stessi, con i sistemi operativi gestiti a finestre e app in background, invitano a fare questo). La mancanza di concentrazione deriva anche da altro genere di preoccupazioni o da concause (non dormire bene e riposare poco, oppure avere una dieta squilibrata).
Sensazione costante di ansia e irritabilità
L’ansia e l’irritabilità, spesso associate a strette allo stomaco e altre sensazioni fisiche spiacevoli, sono comuni nel burnout. La precarietà, la paura di non farcela, l’identificazione con il lavoro, ci spingono a rispondere esclusivamente alle esigenze del datore di lavoro o del cliente, piuttosto che alle nostre.
Sbalzi d’umore costanti
Gli sbalzi d’umore sono frequenti. Si passa dall’essere calmi e rilassati a vera e propria agitazione che non passa fino a che non ci si addormenta. Spesso avvengono nello spazio di poche ore.
Cervicalgia, mal di testa o mal di stomaco
La somatizzazione è un effetto psicologico parecchio comune. La sensazione di nausea, delle strette allo stomaco possono avere anche “origine” mentale ed essere correlate allo stress. Vale lo stesso per il mal di testa o la cervicalgia, spesso legati ad una posizione troppo “tesa”.
Diminuzione della produttività
A volte, passa un’intera giornata e ci si rende conto di non aver completato alcun task di quelli programmati. La bassa produttività dipende dalla stanchezza, poca concentrazione, poca reattività e una mente distratta che si sposta da un pensiero all’altro, senza una direzione.
Manca la motivazione
Ci si sveglia demotivati, scarichi fisicamente e mentalmente, non pronti ad affrontare una giornata lavorativa.
Non c’è soddisfazione dal lavoro
Anche se si ottengono risultati, si sperimenta una sensazione di costante apatia e distacco, come se il lavoro non facesse più la differenza e fosse, al contrario, un elemento di disturbo e una fonte di problemi irrisolvibili.
Cambiamenti nell’appetito
Si mangia in maniera molto irregolare, non rispettando più orari né abitudini.
Si dorme male o poco o troppo a lungo
Un sano riposo è fondamentale per il benessere psicofisico. Per questo, è bene creare delle giuste abitudini legate al sonno. Rispettare degli orari in cui andare a letto, dormire il giusto e risvegliarsi alla solita ora, elimina dei problemi organizzativi riguardanti la giornata lavorativa e consente di fare il carico di energie per i compiti da affrontare.
Assenteismo e ritardi
Come effetto di una cattiva organizzazione e della svogliatezza che ne deriva, ecco che aumentano ritardi e assenteismo sul posto di lavoro. Si trovano scuse per mancare, prendersi ferie anticipate, andare via appena possibile.
In caso di burnout, questo comportamento è quasi una naturale conseguenza e va affrontato, sia per non perdere il posto di lavoro, sia per evitare di convincersi che lasciarlo sia la soluzione migliore.
Isolamento e ritiro dalla vita sociale
Non si fa più vita sociale, una volta a casa ci si sente vuoti, la situazione lavorativa viene vissuta come un peso che provoca isolamento fisico e mentale.
Rifugio in attività di fuga e vizi
Associato allo stress o una profonda sensazione di malessere è il ricorso ad attività di fuga, spesso malsane, che favoriscono l’isolamento sociale. Mangiare troppo, disordinatamente, in modo smodato, perlopiù cibo spazzatura. Bere alcolici, usare droghe, giocare d’azzardo, fare consumo eccessivo di pornografia e serie tv.
Come si può facilmente capire, certi effetti e sintomi sono facilmente sovrapponibili.
Nel caso del burnout si ha la sensazione di aver passato il limite, della misura colma oltre la quale non si può più resistere.
Come resistere e non lasciare il posto di lavoro
Se il lavoro non ci piace e l’ambiente è tanto malsano da danneggiarci – se si ha un’alternativa valida – può essere salutare lasciarlo.
Ma occorre anche guardare in faccia la realtà: non è così facile. E sono tante le persone a cui non piace il proprio lavoro.
È chiaro che spesso, dietro la causa di un burnout, si nascondono problemi ben maggiori che si ripresenterebbero anche sul nuovo posto di lavoro.
Allora, per evitare che succeda, bisogna agire sulle cause di questi problemi, che spesso sono legate alla visione che si ha di sé e del proprio rapporto con il lavoro.
Organizza la giornata in modo che la routine dei preparativi alla giornata di lavoro sia effettivamente stabilita. Che cioè sia il frutto di attività che vanno in automatico. In questo modo eviti di pensare a cosa stai facendo nel concreto: lo fai e basta.
Il lavoro è importante, ma finisce una volta usciti dall’ufficio. Non dare disponibilità non richiesta, non ritornare sulle cose da fare appena rientri a casa. Ci deve essere un chiaro confine tra casa e lavoro, valido per te e per chi lavora con te o sopra di te.
In questo senso, avere una giusta predisposizione mentale per l’organizzazione aiuta parecchio. Tipico esempio: dedicare gli ultimi 15 minuti della giornata lavorativa a fare la lista delle cose da fare nella giornata successiva.
Questa semplice programmazione, nei fatti, spezza la giornata in due, rimandando in modo non grave e invece organizzato, i compiti da svolgere al rientro in ufficio.
Trova degli appoggi nell’ambiente lavorativo. In psicologia le chiamiamo “risorse esterne”: puoi trovare sostegno conforto in colleghi che hanno la stessa tipologia di problemi, trovando insieme una soluzione.
Cerca sempre di dare priorità al tuo benessere personale: svolgi regolare attività fisica, fai passeggiate appena possibile, tira su qualche peso. In generale non essere indolente e non subire il passaggio del tempo senza far nulla. C’è la notte per riposare e dormire. Di giorno cerca di stare attivo/a mangiando leggero, ma il giusto, con pasti sani e ricchi di nutrienti.
Trova il modo di creare una routine per tutto, così che la buona abitudine di fare qualcosa di sano, anche per poco tempo, si instauri nella tua mente e quindi all’interno dei tuoi processi decisionali.
Se hai una vita fatta di piccoli e grandi appuntamenti, l’orario del lavoro passa molto velocemente, anche perché riacquisti produttività.
Se vedi che alla fine ti stai avvicinando all’orlo del precipizio, non aspettare di cadere. Chiedi aiuto a uno specialista, come uno psicologo, che può aiutarti a ritrovare le giuste coordinate.